recensione

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Nel moderno spazio
espositivo, la Galleria Santa Cecilia, che si affaccia sull’omonima piazza,
dove luci ed ombre sono state collocate nella simmetria giusta per dar modo al
visitatore di gustare un drink, di acquistare o sfogliare dei libri e riviste di
fotografia, alcuni pezzi anche rari, e fruire delle fotografie esposte, è stata
allestita la mostra di Raphael Dallaporta dal titolo “Antipersonnel” curata
da Marco Delogu.
Dallaporta presenta così le sue opere:
“Antipersonnel è soprattutto un
lavoro teso alla sensibilizzazione della gente. Quello che mi interessa non è
di scatenare sensi di colpa rispetto alla tematica trattata ma di suscitare una
reazione o meglio, una riflessione positiva: non vuole essere una provocazione
ma vuole ingenerare una emozione. Io cerco di sensibilizzare la gente sul
problema delle mine sperando di suscitare una reazione positiva rispetto
all’argomento trattato e non rispetto alla fotografie in sé. Quello che mi
interessa è che guardando le mie immagini non si parli di fotografia ma
dell’argomento trattato.”
Le fotografie che il giovane autore francese espone sono degli oggetti. Gli
oggetti sono delle cose che non dovrebbero commuovere perchè non sono vive,
sebbene siano parte della nostra vita, vivano con noi. L’abilità
dell’autore è proprio questa: attraverso la loro rappresentazione mette in
evidenza delle strutture intellettuali e linguistiche che permettono di produrre
un significato delle cose.
Non si limita a fotografare dei macabri reperti ma li mette in scena in una
sorta di doppia rappresentazione perché mostra delle mine anti-uomo, e le rende
accessibili, le fa luccicare, dà loro una valenza pubblicitaria con un
raffinato still-life: d'altronde chi le progetta sono uomini d’affari. Uomini
che pensano alla produzione, al loro guadagno.
Allo stesso tempo le mine in quella loro bella posa, con la fierezza dei loro
colori e originalità nella forma alcune da sembrare un giocattolo … e già…
è facile ora capire perché un bambino le raccoglie.
Un bimbo, che vive dove la guerra ha già lasciato tanto dolore, non può
resistere alla tentazione di un giocattolo.. lo prende e lo porta a casa, ci
gioca, lo passa ad un amichetto e poi … si ritrova senza una gamba, senza un
braccio o nel peggiore dei casi senza vita.
A noi invece resta di capire dove la follia della guerra può portare.
Raphael Dallaporta in modo raffinato ci urla che non possiamo più voltare lo
sguardo da un’altra parte perché ci sono dei valori da difendere, tante cose
da fare, che “…il momento fondamentale è quello successivo alla fine del
conflitto, dopo la guerra, dopo la pace, restano le mine”.
Maristella Campolunghi.
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