retrocover
Contadine e bambini all'ingresso di una casa colonica, Strove (Siena)
Atleti
della Società Ginnastica Pro-Patria di Carrara
Trilussa
nello studio della sua casa a Roma
La
redazione del periodico "L'Italia Futurista" la
cosidetta "pattuglia azzurra" da
sinistra: Remo Chiti, Nerino Nannetti, Bruno Corra, Emilio Settimelli,
Arnaldo Ginna, Maria Ginanni, Vieri Nannetti e Filippo Tommaso Marinetti
- 1916
Lo
scultore Clemente Origo mentre lavora con un modello nella campagna del Motrone, 1910 Amalia
Rosselli, 1928 Giacomo
Puccini, 1914 |
Fotografo della gente
comune...
Mario Nunes Vais è tra i pionieri in Italia del nuovo linguaggio fotografico in
cui rivela tutta la sua curiosità di uomo e la sensibilità di poeta. Firenze,
d’altronde, accoglie con entusiasmo la nuova tecnica tanto che nella città
stessa si affermano diverse ditte fotografiche che diverranno importanti a
livello nazionale (Alinari, Baccani e Brogi, ad esempio), oltre a vedere fondata
nel 1889 la Società Fotografica Italiana di cui Nunes Vais sarà prima socio e
poi sindaco. Le case fotografiche diffondevano riproduzioni in tutto il mondo,
soprattutto memorie di città, monumenti, opere d’arte, vedute, secondo un
modello percettivo generalizzato, legato anche ai loro prioritari scopi
commerciali.
Nunes
Vais comincia, intorno al 1885, proprio con i paesaggi, ma, svincolato da
esigenze economiche, concentra da subito la sua attenzione sull’elemento
umano, inizialmente collettivo e genericamente sociale, per poi mostrare, nel
tempo, una speciale attitudine al ritratto: prima familiare, poi popolano e
cittadino, poi dei personaggi illustri della cultura e dello spettacolo, per i
quali è massimamente conosciuto. In realtà, quindi, il suo interesse per
l’Uomo include tutte le categorie, a cominciare proprio dai contadini dei suoi
poderi toscani e dai cittadini passanti della sua città o dalla gente comune
incontrata per strada nei suoi viaggi, ad esempio a Roma: “[...] le istantanee
sono così ardite da seguire una signorina che passa per la strada (e che si
volta, stizzita, ma tagliata in una posa angolosa che fa pensare immediatamente
a Telemaco Signorini [pittore e incisore fiorentino della seconda metà
dell’Ottocento, esponente della scuola dei Macchiaioli]),” (Carlo Bertelli,
1974). “La sua fu piuttosto un’estroversione, un’avidità di percezione
dello scenario di vita che gli stava dintorno, di appagamento visivo [...]. Lo
scenario che Nunes Vais ama ritrarre non è quasi mai quello della ferialità,
è quasi sempre, piuttosto, appigliato a situazioni di una certa, ma
temporalmente circoscritta, pregnanza, per di più situazioni collettive. Quindi
l’occasione stimolante sarà data da una festa, da una cerimonia, da una
rappresentazione, da un luogo di villeggiatura, [...] o talvolta anche da
qualcosa di emotivamente più coinvolgente, come un processo o una partenza di
emigranti” (Oreste Ferrari, 1978) o ancora un’esercitazione militare o lo
scoppio di una mina sulle Alpi Apuane. Questo genere di soggetti sono presenti
per lo più su lastre di formato ridotto e datate precocemente, ma spesso
rivelano inquadrature dal taglio già molto raffinato; è, infatti, una fase che
prelude a quella dei suoi più celebri ritratti: Nunes Vais allena l’occhio e
l’obiettivo fotografico proprio sui primi impegnativi studi sui contadini o i
camerieri delle sue tenute, spesso ritratti in pose di matrice pittorica
(l’impressionistico stile macchiaiolo del suo tempo, basato su soggetti di
genere), ma che già tentano di rivelare l’essenza profonda del singolo
carattere dell’individuo ritratto e non solo della tipologia umana
stereotipata di cui fa parte
..di militari e ginnasti..
Ancora “fotografo della
Vita”, Mario Nunes Vais nella prima fase di sperimentazione della sua passione
fotografica presenta anche delle sequenze, quasi dei reportage, sulla vita
sportiva e militare dell’epoca.
Esercitazioni militari nella
campagna toscana ricalcano a volte, specie nelle fasi di riposo dei soldati,
chiari rimandi ai quadri di Giovanni Fattori, epigono e capogruppo dei
Macchiaioli, con le sue equilibrate composizioni di militi in atmosfere calde e
polverose, tagliate da nette lame oblique di luce chiara che si oppone a
definite zone di ombra.
In
queste scene collettive Nunes Vais è osservatore discreto, evita i primi piani
sui singoli soggetti e la coercizione della “messa in posa”. Non così,
invece, nelle studiatissime composizioni di gruppi militari e sportivi che
nell’esaltazione dei ruoli e dei valori patriottici vengono dinamicamente
disposti a formare assetti piramidali con alle cuspidi i simboli (medaglie,
bandiere, monumenti) che nel loro spirito di corpo essi incarnano e sostengono.
In una sorta di documentario il
fotografo dà notizia anche delle due importanti manifestazioni aviatorie che
Firenze, a Campo di Marte, ospita nel 1910 e nel 1911, oltre a fissare nella
memoria storica la presenza sempre a Firenze dei piloti e degli aerei della
Royal Air Force inglese nel 1919.
Infine, la sportività non si
manifesta solo nel nelle categorie sopra descritte, ma anche nella quotidianità
di atleti e ciclisti che possono incontrarsi nelle palestre o passeggiando nei
parchi cittadini.
...e di intellettuali
e artisti
E’
proprio nel genere del ritratto che Mario Nunes Vais rivela tutta la sua abilità
di sensibile poeta, psicologo acuto e valente documentatore di storiche
personalità, oltre a far emergere la natura alto-borghese del suo status
sociale attraverso il mondo delle sue conoscenze e frequentazioni. Nunes Vais,
ricco e nobile, raffinato e colto, penetrò, con viva curiosità e senza
preconcetti o limitazioni, la società del suo tempo, ritraendola in tutte le
sue espressioni sociali, politiche (dagli esponenti del Socialismo italiano alla
famiglia reale), artistiche e intellettuali. “La sua vocazione esclusiva fu
quella del ritrattista, che è un altro modo di essere testimone del proprio
tempo e di appagare la propria curiosità” (Lamberto Vitali, 1974). Si rimane
indubbiamente colpiti dalla varietà dei personaggi incontrati dal fotografo
negli anni: da filosofi di rilievo come Benedetto Croce a politici di spicco
come Giolitti, Turati e la Kuliscioff; da fondamentali scrittori e scrittrici
come Thomas Mann, Massimo Bontempelli, Filippo Tommaso Marinetti, Luigi
Pirandello, Ada Negri, Amelia Rosselli, Matilde Serao a poeti come D’Annunzio,
Di Giacomo e Palazzeschi; da importanti pittori e scultori come Sartorio,
Gemito, Origo, Zanelli a celebri attrici e attori di cinema e teatro come
Eleonora Duse, Irma Gramatica, Lyda Borelli, immortalate secondo il divismo
pittorico delle famose donne di Giovanni Boldini, o ancora Leopoldo Fregoli,
Vittorio De Sica, Ermete Zacconi; fino ai grandi musicisti e cantanti come
Franchetti, Mascagni, Puccini e Caruso.
“I caratteri emergevano con
un’individualità irresistibile, partecipi, sicuramente, della coralità di un
mondo che si considerava un universo completo, ma ancor più, colti in un
momento di cordialità e di reciproca intesa fra modello e fotografo. Accanto ai
ritratti più ufficiali e in posa, di personaggi scelti quasi con avidità di
collezionista, ma osservati con rispetto di entomologo” (Carlo Bertelli,
1974), egli fotografa il caratterizzato mondo degli attori comici e drammatici e
l’affascinante panorama delle attrici più belle e amate del momento (il suo
intento irrisolto fu quello di costituire una sorta di “Pantheon
fotografico” delle personalità più significative dell’epoca). Proprio per
questa serietà nell’affrontare l’impresa così delicata di rendere memoria
non solo di volti, ma di ruoli e temperamenti complessi, probabilmente il
“flou”, cioè il ritocco, così di moda allora, è tanto raramente sfruttato
da Nunes Vais.
Il “clic” di uno scatto è un
atto sospeso, un arresto nel flusso di vita di ogni persona, personaggio,
paesaggio o cosa; il ritratto fotografico, perciò, riduce nell’istante dello
scatto l’essenza di ciò che è “vissuto” e di ciò che è “vivibile”
da chi viene fotografato, diviene immagine atemporale della complessità
variabile che caratterizza un uomo e che va suggerita, costruendola attraverso
tutta una serie di accorgimenti e dettagli, di attributi e pose che assimilano
la fotografia alla ritrattistica pittorica e scultorea.
Il ritratto era il soggetto più
richiesto da chi, per censo e cultura, poteva avvicinarsi allo studio del
fotografo; della preziosa lastra d’argento del dagherrotipo, incisa
dall’azione del sole e unica, in quanto non riproducibile, si apprezzava sia
la novità della tecnica che l’esclusività dell’oggetto e, ancor più, la
verosimiglianza di uno strumento della scienza moderna; dalla fine degli anni
’50 dell’Ottocento l’invenzione dei negativi calotipici, invece, permise
la riproduzione praticamente infinita delle immagini fotografiche, così,
l’ultimo elemento peculiare della fotografia che la assimilava alle opere
d’arte “manuali”, ossia l’unicità, viene annullata. Con il calotipo, di
più facile e veloce utilizzo, mutano anche i tempi di posa e dunque gli
atteggiamenti di coloro che venivano ritratti: attori e personaggi eccentrici,
infatti, scelgono atteggiamenti meno statici che li rendono soggetti attivi
della foto e non passivi esecutori di posture imposte dal fotografo e dalla
fisiologica resistenza ai lunghi tempi di posa.
Nunes Vais divenne amico e fotografo
prediletto di Gabriele D’Annunzio, il grande poeta-vate del Decadentismo
estetizzante italiano, il quale rispose così al ricevimento delle sue
fotografie: “Come potrò io ringraziarla di queste tante belle immagini che
Ella mi dona, mio caro amico? Vorrei conoscere la magia novissima con cui Ella
riesce a compiere il veloce prodigio serrando «uno spirito di sole»
nella piccola nera prigione di metallo e di cristallo. La macchina che prima non
era atta se non alla rappresentazione brutale della realtà è oggi divenuta
nelle Sue mani uno strumento di infinita delicatezza poetica. In uno di questi
volti, specialmente, sembra ch’Ella abbia tratto alla superficie la grazia
stessa dell’anima e ve l’abbia fermata visibile. Grazie per questo inatteso
piacere, o artefice della luce e dell’ombra.”(Gabriele D’Annunzio, 1906)
Al nascere dell’avanguardia
futurista in Italia (nel 1909 Marinetti pubblica il Manifesto del Futurismo), il
movimento scardinatore viene avversato da tutta la cultura dominante di cui esso
denuncia la crisi in modo violento e, sebbene Nunes Vais non appoggi
propriamente le tesi futuriste, egli non disdegna di interessarsi alla giovane
nuova fascia di intellettuali che fotografa con curiosa dovizia: “Gloria al
Futurismo volontà + novità + energia + simpatia vivissima per il grande Nunes
Vais” (F.T. Marinetti, C. Carrà, A. Soffici, U. Boccioni, A. Palazzeschi, G.
Papini), è la risposta grata del gruppo futurista fotografato nel 1913 a
Firenze.
Mario Nunes Vais viene spesso
chiamato fotografo-artista dai grandi
personaggi della cultura e dello spettacolo immortalati nelle sue foto, quando
ancora la Fotografia veniva vista con diffidenza e con difficoltà veniva
considerata un’arte: “Gentilissimo Signor Mario Nunes Vais, ho ricevuto i
suoi tre quadri, sotto mentite spoglie di fotografie! Non so definirle meglio!
(Filiberto Scarpelli, 1908). Carlo Brogi, altro importante fotografo
professionista del tempo, sul tema del ritratto illustre dichiara, nel 1895, il
valore artistico del ritratto attraverso la fotografia, perché essa “non va
considerata soltanto come un procedimento grafico non bugiardo [...], ma può
acquistare a sua volta qualità d’arte originale, quando il fotografo sa
ritrarre dal vero con intelletto d’artista [...]. Essa ritrae e diffonde, e
perfino amorosamente conserva ai sentimenti postumi di ammirazione e
gratitudine, le sembianze delle individualità che talento, meriti insigni o
elevatezza di grado sociale rendono universalmente notorie”...cosa in cui
riesce egregiamente Mario Nunes Vais.
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