Ingiallita nella
scatola. Caduta a terra e sparsa tra mille altre, incapace di un gesto che la
renda diversa e unica.
Le fotografie
tolgono l’anima alle persone. Le rendono piatte, bidimensionali, le confinano
nel passato, in un luogo lontano, nel tempo dei ricordi. Quando
i vestiti della mia infanzia sono usciti dal baule ho saputo di non
averli mai toccati, non consciamente, non nel tempo della ragione, ma di averli
visti in fotografia. Il primo, lana
bianca spessa con inserti fiorati sui toni del bruciato, era accanto alla mia
zia preferita, a farle sorrisi divertiti. L’altro, bianco candido con
spruzzate di rosso, era posato su un
copriletto di raso verde. Dentro, la bambina dai boccoli dorati che osservava
l’obiettivo.
Le mie fotografie
sono le immagini di Sergio che fa fotografie. Ruba gli istanti. Lo immortalo
mentre osserva le cose da dietro l’obiettivo, alla ricerca dello scatto
perfetto. Non gli dico, che vedere le cose da dietro una lente non è come
guardarle con gli occhi, assaporarne ogni fotogramma, per fissarle sulla memoria
e archiviarle tra i ricordi. Allontano dalla mente il pensiero di come lui sia
bravo a fare anche questo. Come sa cucinare, dare calci a un pallone, ascoltare
la gente, suonare la chitarra, come sa impegnarsi nel lavoro. E’ mio il nome
scritto su quell’anello, a contatto con la
vena amoris, che arriva diretta al suo cuore. E’ mio, il cuscino che
abbraccia per annusarne il profumo, quando mi alzo dal letto per entrare nel
teatro del mondo. E’ sua, la mia fotografia più bella. “Che sorriso
contagioso e bellissimo”- mi dice chi la osserva.
Non mi piace
fermarmi a guardare le foto, mi sembra sempre tempo sottratto alla vita e alla
gente. E’ il mio passato, i luoghi che mi hanno ospitata, le persone che mi
sono passate accanto, ma non è la vita che sto vivendo, qui e ora.
“Cena messicana stasera?”. Il suono del messaggio arriva dal mio cellulare
mentre sono in riunione. Sono veloce e infilo furtivamente una mano nella borsa
che riesce a zittirlo, altrimenti me lo ricorderebbe altre mille volte, che ho
un sms da leggere. Sergio ha imparato a fare un buon messicano e tortillas fatte
in casa, morbide al punto giusto, farina e acqua in un equilibrio perfetto.
Avvolgo il ripieno di macinato e gustosi fagioli neri e la bocca viene invasa da
un piacevole gusto piccante. Lui non è già ai fornelli quando rientro, ma le
fotografie sono sparse sul tavolo, quasi ad aspettarlo.
“Ho fatto
sviluppare le fotografie del matrimonio di Tosca”- riecheggia la sua voce in
una conversazione di qualche giorno prima.
Mi avvicino al
tavolo e l’allegria di quel giorno mi torna alla mente, i sorrisi e gli
abbracci degli sposi, il clima di internazionalità e i vari idiomi che si
usavano nella comunicazione, i balli di fine serata, la luce e il sole di due
persone che dichiarano davanti a tutti di fidarsi l’uno dell’altra e di
voler camminare nella vita per mano.
Decine di fotografie
mi ricordano il sorriso di Tosca e il suo essere radiosa quel giorno,
l’emozione di Lorenzo e la simpatia dei loro invitati. Ne prendo in mano un
paio alla volta. Io che sorrido all’obiettivo, Sergio tra gli amici, Tosca che
fa le boccacce e poi che bacia e abbraccia Lorenzo, e, sullo sfondo, lei,
senz’altro la più elegante e sensuale presente alla festa.
“Chi è
quella?”- aveva sussurrato la voce di Sabrina al mio orecchio,
contemporaneamente agli sguardi di tutti i maschi di qualsiasi età presenti
all’evento.
“La figlia del papà
di Tosca, quella nata dal nuovo matrimonio, sai, queste famiglie
allargate…”- aveva risposto qualcuno.
“Si chiama Maya”
Una gonna aderente
rossa le fascia un corpo perfetto, calza tinta carne, eye-liner generoso a
incorniciarle lo sguardo magnetico, un maglioncino nero in microfibra con
scollatura scopre un seno sodo e
generoso, capelli scuri lisci e luminosi come seta raccolti
in una coda alta, ai piedi una scarpa nera con tacco alto, elegantissima.
Eccola, qui il suo sguardo ammicca a qualcuno e numerosi sguardi maschili sono
volti nella sua direzione. Qui si congratula con Tosca e la bacia. Qui sale le
scale facendo scivolare una
sull’altra le gambe intrappolate dalla gonna stretta. Maya. Più la osservo,
più la cerco in ogni scatto, e finisco per trovarla, sullo sfondo, in un angolo
della fotografia, o colta mentre non sta guardando l’obiettivo, o….
Scartabello e passo da una immagine all’altra e mi rendo conto che è ovunque.
Improvvisa, mi viene in mente una macchia di rosso nel segnalibro di Sergio e
corro in camera, sul comodino, apro il thriller che legge ogni sera, prima di
addormentarsi accanto a me.
L’immagine è
sgranata, ingrandita milioni di volte. Era piccola, nell’ angolo di una
fotografia, a fare da sfondo ad altre persone, ora è diventata grande e c’è
solo lei a dominare solitaria. Non guarda l’obiettivo, ha un sorriso assorto
che solo il vedere l’amore degli altri dona ai volti. Emana sensualità da
ogni singolo pixel.
Troppi
pensieri affollano contemporaneamente la mia mente.
Noi due. Sergio e
Sandra. Le nostre due “esse” intrecciate nella lavagnetta in cucina. Le
domeniche a fare niente e le gite al
lago. Le nostre sedie affiancate in giardino, le due tazzine da caffè che si
sfiorano, i diari delle vacanze da scrivere a quattro mani. E poi i cartoni
della pizza la domenica sera, i film
da vedere al cinema, lo shopping in centro con me stretta dentro il camerino e
le facce di Sergio a commentare i vestiti. Mi sento non solo tradita e
ingannata, ma anche imbrogliata, con la stessa sensazione di impotenza mista a
rabbia che si prova quando si scopre che Babbo Natale non esiste. Tutto sembrava
portare alla stessa conclusione e convergere nell’esistenza del buon
vecchietto che distribuiva i regali volando in cielo con le fedeli renne, e
invece scopri che questa fantastica vicenda è stata costruita ad arte per
imbrogliare te, innocente bambina.
Ho sempre pensato
che il problema di chi viene tradito sia tracciare la linea. Una retta che
demarchi la fine della verità. Quando sono iniziate le bugie, fino a quando è
stato tutto vero, qual è stato il preciso momento nel quale la mia vita ha
smesso di essere quella che appariva a me?
In nessuna domenica,
in nessuna pizza, in nessun film era apparsa una macchia di rosso con
l’eye-liner.
Nello scendere dalla
macchina, mi incastro con l’ombrello tra portiera e abitacolo e resto per
qualche istante immobilizzata a imprecare contro la pioggia. Ho sempre odiato le
giornate umide, quelle nelle quali l’acqua non concede tregua. Fino a quando
ho incontrato Sergio, che mi ha portata in motocicletta sotto la pioggia.
“C’è
un’atmosfera che nessuna giornata di sole può dare”, mi diceva, mentre
sfrecciavamo affrontando terribili temporali.
Mi viene in mente
che è novembre e che l’estate
arriverà tra circa undici mesi. Ripenso ai miei vestitini estivi e alle serate
all’anguriara e mi viene una voglia incontenibile di sole. Vorrei scaldare la
mia pelle, ho bisogno fisico che il calore cancelli il gelo che ho dentro. Mi
chiedo quanto a lungo possa un abitudinario come mio marito nascondere un
tradimento. Chi ha orari e luoghi abituali rende sospetto il minimo cambiamento.
Magari non è neppure un tradimento, è solo un’illusione, un momento di
debolezza, un sogno.
“Sì, si chiama
Maya, è bellissima, è quella che piace a Sergio”- mi immagino a spiegare il
mio malessere a Sabrina che mi aspetta in pasticceria per la colazione.
Dovrei controllare
il cellulare, iniziare a seguirlo? Mi viene da sorridere. Mi piacerebbe, magari
alla fine mi divertirei anche. Ma bisogna aver voglia di sapere per cercare di
capire, e a volte è meglio restare nel dubbio.
Io vorrei che tutto
rimanesse immobile. Un attimo prima del disastro non sappiamo quanto siamo
felici e quanto rimpiangeremo quella situazione subito dopo. L’orchestra del
Titanic ha continuato a suonare mentre la nave affondava, io sorrido a Sabrina
entrando al bar e ordinando cappuccino e brioches alla crema.
Lei è galvanizzata,
mi accoglie agitatissima.
“Sandra, tu non
sapevi ancora niente, eh?”
Mi apre il giornale
davanti. A pagina dieci un’intera facciata presenta il volto di Sergio.
“Ecco il giovane
talento che ha sbaragliato i concorrenti e vinto il primo premio del concorso
fotografico del nostro giornale SCATTI RUBATI”
Leggo ma è come se
divorassi le parole e lo sguardo corre a rincorrere le lettere.
“Con chi andrà
questa promessa della fotografia alla vacanza premio messa in palio dal
giornale, con la bella ragazza ritratta nella foto vincitrice?”
“No davvero, non
la conosco neppure, eravamo insieme al matrimonio di amici e ho pensato fosse il
soggetto ideale per affrontare questo concorso. In viaggio ci vado con mia
moglie Sandra, chissà che sorpresa sarà per lei, pensi che non sa neppure che
ho partecipato, è lei che dice sempre che sono tanto bravo a fare
fotografie.”
Inizio a piangere
e a ridere insieme. Alla fine anche questo inverno passerà.
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