Maurizio G. De Bonis

Microracconti fotografici

di Maurizio G. De Bonis  ©

 

 

        racconti

 Una fotografia voleva capire chi era, o meglio cosa fosse. Si mise davanti a uno specchio. Vide la sua ombra.

 

 Un paesaggio vide passare un fotografo e lo fotografò, scegliendo un campo lungo.

Il fotografo espose poi in una mostra l'immagine realizzata dal paesaggio, dicendo di essere stato lui a scattarla...

      

 Un fotografo apparve in sogno a una fotografia.

Il giorno dopo, mentre era appesa in una mostra, la fotografia non riusciva più a ricordarsi chi fosse il fotografo che aveva sognato. Decise così di addormentarsi per tentare di sognarlo di nuovo.

 

 Una fotografia artistica era stanca di essere appesa al muro di una galleria. Così decise di scendere e uscire in strada, per prendere un po' d'aria e vedere qualcuno.

Camminando, fu attratta da una bancarella sulla quale era sistemata una fotografia souvenir. Le due fotografie fecero amicizia. Così, per fare un'esperienza esistenziale, decisero di scambiarsi i ruoli. La fotografia artistica si sistemò sulla bancarella, mentre la fotografia souvenir  andò nella galleria e si collocò sul muro. Tanto nessuno se ne sarebbe mai accorto. 

 

 Una macchina fotografica si innamorò di un paesaggio. Non faceva altro che pensare all’istante del click, al fatto che, dopo lo scatto, avrebbe potuto tenerlo sempre con sé. Ogni volta che lo vedeva, tentava dunque  di fotografarlo ma ogni volta il paesaggio, improvvisamente, scompariva.

 

 Una macchina fotografica perse improvvisamente la memoria. Disperata, cercò di ricostruire la sua identità indagando dentro il suo stesso corpo, nel tentativo di recuperare tracce di una vita passata. 

Trovò solo migliaia di immagini prive di senso.

 

 Una fotografia mai scattata cercava disperatamente di comparire nel visore di una macchina fotografica, ma ogni volta che sembrava quasi esserci riuscita un click del fotografo la rimandava inesorabilmente nell’oblio.

 Un fotografo, camminando in campagna, inciampò nella radice di un albero e fece inavvertitamente click con la sua macchina fotografica  mentre cadeva per terra. 

Rialzatosi, il fotografo guardò nel visore per vedere quale fosse il risultato del click involontario.  Vide il volto di una donna. Al posto delle labbra c’era una nuvola.

 

 L’autoritratto fotografico di un giovane uomo decise di farsi un autoritratto fotografico. 

Si collocò, così, davanti alla macchina fotografica e fece click. L’autoritratto volle poi subito vedersi nel visore della macchina fotografica.  Non vide, però,  se stesso ma il volto della donna a cui stava pensando nell’istante del click

 

 Una fotografia cercò a lungo dentro i suoi ricordi. Un indizio, un odore, un’immagine.

Si accorse di non aver mai avuto una fanciullezza.

 Una fotografia fece un sogno. Sognò di essere innamorata dei capelli blu di una donna sconosciuta.

Quando si svegliò pensò al suo sogno. Le sue illusioni erano solo torrenti di luce.

 

 Una fotografia decise di regalare una fotografia a un’altra fotografia sua amica. 

Regalò se stessa. Le due fotografie vissero sempre insieme.

 

 Una fotografia si tuffò dentro un’altra fotografia. Nuotò a lungo nell’abisso, verso il nulla.

 

 Una fotografia si mise in testa di comprendere il linguaggio sul quale si basava la sua stessa esistenza. 

Disse a se stessa: “Non sono stata scritta, non sono stata scolpita, non sono stata dipinta…”. Capì di essere stata sempre solo immaginata.

 Una fotografia appesa alla parete di una casa, lasciò il suo posto. 

Spiccò il volo e scivolò lentamente tra le braccia di una ragazza. Finalmente si sentì tranquilla e per la prima volta nella sua esistenza poté addormentarsi.

 

 Un fotografo incontrò una capra. L’animale guardò fisso in macchina, senza muovere lo sguardo per diversi minuti. 

Il fotografo rimase impietrito. 

 Una fotografia si innamorò di un’altra fotografia. Cercarono di abbracciarsi, stringersi, baciarsi. Ma non vi riuscirono. 

Il loro fu un amore fatto solo di sguardi.

 Dall’oscurità imperscrutabile di una fotografia, emerse un volto. Pronunciò parole vacue e scomparve nella mano di un acrobata.

 Una fotografia sentì improvvisamente il proprio cuore battere. “Sono forse viva? Anche io potrò camminare tra le persone? Anche io potrò sentire l’odore del mare?” La fotografia si pose queste domande, fece un respiro profondo e il suo cuore si fermò, per sempre.

 Un fotografo rientrando in casa  in piena notte ebbe l’impressione di sentire la voce di una sua fotografia appesa al muro. Corse nel suo studio e disse alla fotografia: “dunque, tu puoi parlare con me…”. La fotografia non rispose, sospirò e guardò altrove.