Giulia Robinson, Polaroid stick

Polaroid stick

di Giulia Robinson

 

 

        racconti

Il lavoro che ci hanno affidato in previsione dell’evento del secolo è sconcertante ma qualcuno lo deve pur fare. Hanno scelto me perché conoscono il ribrezzo che provo per loro ed è per questo riesco ad avvistarli con grande facilità e Suk perché non li teme. Siamo ben mimetizzate per poter entrate nei più lussuosi alberghi della capitale. Referenziate da carte di credito scoppiettanti e da bagagli di pelle pelle dove nascondere gli strumenti per la nostra verifica. Basta una notte per poterli avvistare. Lo strumento è sensibilissimo: va deposto sul pavimento ed emana odori particolarmente invitanti da attirarli e catturarli.

Sono circa le 23; per me ogni volta è come se fosse la prima. In questa caldissima notte d’agosto, nonostante l’aria condizionata, sto sudando. Il solo pensiero che dal pavimento o dalla parete di questo cinque stelle possa uscir fuori uno di loro mi fa tremare. Suk è stata bloccata da un ricco americano in vacanza ed è ancora nella hall. Sali ti prego! Per me gli alberghi sono tutti uguali, non sono certo le stelle che freneranno il loro desiderio di cibo, di corrosione dei muri. Tu non hai paura di loro, io si.

Faccio capolino sul corridoio elegante e luminoso ma deserto. Lei non si vede. Se dovessimo trovarne solo una traccia possiamo dare l’ordine di bombardare l’edificio. Da quando è stata approvata questa legge la città ha cambiato aspetto. Sono già stati eliminati antichi ruderi, colossei, anfiteatri, case popolari, ghetti e tutto ciò che non si potesse classificare con le cinque stelle della perfezione.

Gli edifici per i cittadini sono in plexgum, contro il calore, il freddo e naturalmente in questo materiale sono assolutamente inattaccabili da loro. I luoghi di culto li hanno ricostruiti negli stessi spazi originali ma in metallo. Gli ultimi, rari esemplari del periodo moderno, come quelli in cemento li stiamo ispezionando in questo periodo, perché la città possa accogliere degnamente il nuovo secolo e i pellegrini per l’evento.

Bussano alla porta. E’ Suk finalmente, ma non è sola. Ti presento il Direttore dell’albergo Bo Kook. E’ un tizio di mezz’età molto disponibile ma anche molto agitato; ha con se’ una bottiglia di champagne e del caviale rosso. E’  perché voglio che  vi sentiate come a casa vostra. Esclama. Guardo Suk sorpresa e sospettosa; che l’essere possa sapere di noi. Lei abbassa gli occhi, sfugge al mio sguardo e si infila nel bagno. Che fa, mi lascia sola?. Avvicinandosi lui mi prende la mano che bacia con ossequioso rispetto. Volevo dirle che tengo molto a questo albergo è una delle poche cose moderne che sono rimaste. In queste stanze si sono incontrati tanti illustri personaggi e poi quelli che ci lavorano, perderanno il posto... Mi allontano dalla sua stretta. Chiamo Suk.

Lui sa chi siamo?

Si! Ed è terrorizzato. Ho trovato uno di loro nello scantinato.

Allora non possiamo far nulla dobbiamo eseguire gli ordini.

No, non lo faccia. E’ innocuo, ed è solo. E’ imprigionato in uno scatola so io come eliminarlo. Di questo passo state distruggendo tutto.. Non c’è rimasto più nulla di antico, più nulla delle origini,

delle tradizioni, dei nostri colori, dei nostri ricordi. Abbiate pietà. Avete perfino prosciugato il fiume per riempirlo di acqua distillata.

Suk, il Direttore è pericoloso, vuole ostacolare il nostro lavoro. Probabilmente tenterà anche di corromperci.

Kook mi guarda tenta un gesto bonario. Mi sposto. Cade pesantemente.

Sono imbestialita ed esclamo: Voglio  vedere dove lo ha imprigionato, se ce ne saranno altri ... dov’è la sua tana?.

Lasci fare a me. Mi creda era l’unico.

Senta se insiste la farò eliminare insieme al suo albergo. Con decisione. Mi accompagni nello scantinato.

Va bene.

Kook ci fa strada. Scendiamo rampe di scale e in altrettanti corridoi, sempre più bui.

Apre una porta. C’è muffa, ragnatele e oggetti malridotti buttati dappertutto.

Mi indichi dove si nasconde, presto!

L’ho trovato dentro questa scatola che ho sigillato.

Mi avvicino con cautela. Impugno un’arma che potrebbe distruggerlo immediatamente. Apro la scatola, la muovo per farlo uscire. Faccio un passo indietro. Nulla. Mi guardo intorno. Mi avvicino ancora. Faccio capolino nella scatola. Lo vedo. Urlo. Lui mi vede e si dimena impazzito di paura. Chiedo a Suk di prenderlo. Io mi allontano ma punto l’arma decisa a farlo fuori. Suk lo prende: è un giovane uomo dalla pelle chiarissima, con lunghi capelli bianchi e occhi a mandorla dalle pupille gialle. Una razza quasi completamente estinta che vive nei sotterranei e tra gli spazi all’interno di quegli ultimi edifici ancora in attività.

Sto per sparare. Suk mi ferma. Aspetta possiamo utilizzarlo per gli esperimenti.

Per me non è solo. Comincio a tirar calci con tutte le numerose zampe che abbiamo solo noi scarafaggi. Unica vera e antica razza che ha resistito allo scempio degli umani e che guiderà la terra verso il futuro.

Non ho quasi più paura. Mi si sono raddoppiate le forze. Corro lungo i corridoi e nelle stanze alla bramosa ricerca di altri di loro. Scendo un’altra rampa di  scale. Scivolo proprio all’ultimo scalino. Mi capovolgo. Non riesco a rialzarmi. Chiamo Suk. Sento qualcuno che si avvicina. E’ il Direttore. Presto mi aiuti. Mi guarda ma non si muove. Glielo ordino!

Lui mi guarda terrorizzato ma immobile. Io sto con loro. Non mi piace il vostro modo di governare. Una fiammata colpisce Bo Kook in pieno disintegrandolo. E’ stata Suk. Le sorrido soddisfatta. Mi aiuta rovesciandomi nella giusta posizione. Accidenti dobbiamo stare attenti ci sono ribelli tra di noi.

Io sono una di loro.

Suk??

Si. Non sopporto più questa assurda guerra che ci fa distruggere tutto. Kook ti avrebbe uccisa. Era il capo dei ribelli.

E l’uomo dov’è. Lo hai lasciato libero.

Si. Libero di raggiungere il suo gruppo.

C’è un computer acceso nel magazzino. Devo contattare immediatamente la base. Suk è buttata in un angolo. Prendo del liquido paralizzante e glielo spruzzo addosso. Cerca di difendersi ma si accascia a terra. Sarà fuori gioco per almeno un’ora.

Mi siedo al computer cerco la linea e finalmente lancio il messaggio: Bombardate Roma: Il Royal,  è invaso da nuovi umani.

Questa missione è compiuta. Fotografo la scena con polaroid stick. Sono molto soddisfatta. Quando Suk si riprenderà la farò ragionare. Ci aspetta subito un altro compito si parla di un immenso edificio su una grande piazza. Credo che si chiami San Pietro...