Alessandro Alimonti - Maristella Campolunghi Sebastiano Messina - Claudio Spoletini fotografie
Maria Francesca Zeuli testo critico |
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Alessandro Alimonti
Maristella
Campolunghi
Sebastiano Messina
Claudio Spoletini
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Slittamenti
interpretativi: potrebbe essere il sottotitolo di una mostra che vede convergere in un gioco di contrasti e analogie
quattro fotografi, legati da un sottile fi! rouge: lo straniamente percettivo in funzione di stimolo ad una presa di coscienza
sulle multiple e multiformi possibili letture di una realtà esterna o interna a noi.
Altera, come
alla latina indicheremmo la suggestione dì "altre cose" o, per traslato, di "cose altre"; altèra, come forma e
qualità della percezione, posta in un atteggiamento di distacco da ciò che di fenomenologico si osserva e si vive, per permetterne
una interpretazione amplificata che dia voce ad una rinnovata risonanza interna e che apra ad una sensibilità non disposta
ai compromessi delle convenzioni; altera, come verbo coniugato di "alterare", nell'accezione esortativa di "rendere
altro", una sorta di invito rivolto all'osservatore, finalizzato ad un'azione più attiva nella lettura delle opere e del loro messaggio
in mutazione, in evoluzione, sotto i suoi occhi, il che implica, necessariamente, una disponibilità ad una Ìnterpretazione dinamica,
pronta alla sorpresa di un progressivo cogliere l'altro disvelantesi
nelle stesse immagini proposte dai fotografi.
Gli artisti declinano questa comune modalità
di comunicazione visuale attraverso le loro diverse personalità.
Alessandro Alimonti e Maristella Campolunghi lavorano
sul dettaglio reale, catturato dall'obbiettivo che nell'inquadratura
separa la porzione scelta dal suo contesto originario; il particolare viene monumentalizzato così da riempire tutto il frame fotografico
e divenire indipendente nel messaggio, perché svincolato dal senso dell'oggetto completo di cui costituisce una minima parte.
L'osservazione di una realtà oggettiva nella parzialità dei suoi elementi compositivi rivela un'inattesa ricchezza espressiva, insita
nell'ambiguità che i particolari ingranditi conquistano, fino a divenire autonomi e variegati nelle potenzialità
comunicative del loro significante.
Sebastiano Messina e Claudio Spoletini lavorano
sull'insieme, sulla veduta, sul paesaggio che da reale, o almeno riconoscibile nelle forme a noi familiari, diviene mentale e spesso
metaforico di una dimensione interiore, attraverso una stratificazione,
una ricercata sovrapposizione o giustapposizione che abbina immagini diverse per genere o per sostanza, a volte anche
apparentemente inconciliabili.
Entrambi risentono, così come anche Alimonti
e Campolunghi, del genio conosciuto e frequentato di Luigi Ghirri, fondamentale
fotografo italiano che rinnova l'identità di quest'arte a partire dalla seconda metà degli anni Settanta con il suo esempio e le sue
riflessioni: egli considerava la fotografia come "un'avventura del pensiero e dello sguardo", "un grande giocattolo magico
che riesce a coniugare il grande e il piccolo, le illusioni e la realtà, il tempo e lo spazio, la nostra adulta consapevolezza
e il fiabesco mondo dell'infanzia". Interrogandosi sul senso autentico di quello che chiamava " 'enigma fotografia", Ghirri
non trovava risposte certe e univoche, a dimostrazione di come la fotografia, quanto qualunque altra espressione artistica, emerga sempre
da una confluenza di desideri, di sogni, di ricordi, di invenzioni, di intuizioni.
Nella unitaria atmosfera di sospesa e gravida
ambiguità, il processo diversifica l'immagine risultante: se nei primi due fotografi l'osservazione attenta e sensibile della realtà
conduce alla scoperta, nella realtà stessa, del nuovo in forme astratte, geometriche oppure organiche, negli ultimi due l'osservazione del
contesto esistente è funzionale alla manifestazione di una realtà
interiore, invisibile e perciò inattingibile se non attraverso la realizzazione di un'immagine di surrealtà che deriva dall'abbinamento
studiato, intellettuale, tra l'osservato e il ricordo (emerso e scelto). Dunque, passiamo dalla sorpresa per un messaggio
inaspettatamente trovato all'enigmaticità di un messaggio cercato e realizzato; dal concreto dell'oggetto che si trasforma in astrazione
formale all'astratto mentale che si manifesta in un figurativo metafisico; l'astratto geometrico e l'astratto organico si oppongono alla
riconoscibilità di oggetti e paesaggi nel comune territorio della metamorfosi del senso, nella dinamica intuizione di ciò che non
si vede ("il tutto" in Alimonti e Campolunghi; "l'inferiore" in Messina e Spoletini), l'altro, appunto, le cose
altre...altera.
Alimonti nel
suo lavoro astrae ("ab-trahere", togliere via) particolari architettonici "concretizzandone" la pura forma in
atmosfere straniate; attraverso scorci e inquadrature annulla la visione unitaria della struttura, ne bidimensionalizza il volume o ne
modifica le peculiarità originarie suggerendo tridimensionalità nuove: rende, così, la spazialità dell'immagine ambigua e instilla nello
spettatore un dubbio percettivo sulla vera essenza dell'oggetto della fotografia. Il riverbero di questo dubbio è nello stimolo
ad una presa di coscienza esistenziale in cui la realtà, che pure si mostra in un aspetto parziale, va cercata oltre, oltre il limitare
dell'inquadratura fotografica. Nitidezza estrema dell'immagine e dei contrasti cromatici, quasi le fotografie fossero disegni
ad acquarello e china, si rivelano nei giochi di luce e ombra, volutamente resa quasi un segno grafico. Le composizioni di Alimonti
presentano forme terse, taglienti, spigoli che trasformano dal chiaro allo scuro cromatismi uniformi la cui materia è porosa
o compatta, liscia o scabra, a seconda degli intonaci o degli stucchi inquadrati; la luce disegna linee nette o veloci riccioli opachi e
rende impossibile la distinzione tra ciò che è volume e ciò che è linea d'ombra.
Campolunghi fotografa
dettagli vegetali che grazie al close-up divengono organici in senso ampio, allargato, dettagli che nello sfumato delle ricercate
sfocature acquistano una voluttà delicata, ma quasi carnale. Una sensualità raffinata permea
ogni sua immagine: la sottile e vellutata inconsistenza dei petali di fiore, ormai sparito nella sua interezza, acquista profondità e
spessore nei morbidi passaggi dalla luce all'ombra; colori caldi emergono dal buio, candori striati dì rosso-arancio divengono quasi fluidi
o evanescenti. La fotografa riserva un'estrema attenzione al fascino dei margini, a volte nitidi e increspati,
a volte sgranati e impastati. L'indagine scende con delicatezza fino all'intimo dei fiori, ai pistilli, al loro polline, ma nell'inquadratura
ravvicinata tutti gli elementi appaiono come particolari di paesaggi nuovi, di tessuti avvolgenti e luminosi o di palpitante epidermide
umana. L'astrazione formale dì queste composizioni rinnova e amplifica la forza emotiva di soggetti, i fiori, la cui bellezza
è troppo spesso banalizzata nella loro stereotipizzazione decorativa legata alla funzione di semplici ornamenti. La metamorfosi che si
svolge sotto i nostri occhi in questo caso vede mutare la natura, lo spessore e la consistenza tattile dì qualcosa di
comune che può, grazie ad uno sguardo non comune, esprimere potenzialità nascoste in tutto ciò che ci circonda.
Messina lavora
sulle stratificazioni di natura esperienziale, tra reminiscenze culturali e vita, che si traducono in insiemi visivi, ricchi di citazioni
pittoriche fra il metafisico e il surreale, nella volontà di rinnovarne il messaggio di attenzione al misterioso,
all'enigma che è parte affascinante, potente e tragica della vita. Dietro ad ogni immagine c'è un percorso individuale dell'artista
che coniuga riflessione filosofica di stampo esistenziale con un vissuto che trascolora nell'onirico, nella prospettiva di dare voce al
dramma dell'esistenza, ma anche al suo possibile riscatto nell'aspirazione ad una dimensione positiva del vivere tra galleggiamento e
viaggio (ricorre la presenza di una chiglia di barca o di una nave), tra il dentro e il fuori dell'Uomo, nella condizione di un tempo che
scorre o che è bloccato. La tematica del tempo, la presenza del classico, i soggetti del mondo animale
associati ad oggetti del quotidiano, spesso in modo a primo impatto illogico (o se non altro terribilmente inconsueto), i cieli che
sì sovrappongono agli elementi del paesaggio (e non solo viceversa!}, le trasparenze e le velature o gli oggetti comuni galleggianti
nell'aria, che muta stato e forse è anche acqua, l'uso straniante dei titoli in consonanza o in contrasto con la immediata lettura delle
immagini: tutto contribuisce a rendere tangibile una dimensione sospesa, fuori dalle categorie fisiche
e convenzionali del tempo e dello spazio attraverso cui siamo soliti decifrare la realtà.
Spoletini si
muove tra gioco e realtà: caseggiati in plastica si affiancano a ville verdeggianti; strade reali si popolano di
vetture-giocattolo, così come cantieri edilizi vengono serviti da autocarri fittizi; un parapetto si trasforma nello spiazzo di un
belvedere dove parcheggiano due motociclisti dì latta; uno sperone di terra con un faro si affaccia su uno scorcio di mare in fondo ai
quale sì vede un altro promontorio simile, questa volta reale, ma deformato dal grandangolo. Il piccolo assume dimensioni amplificate che
gli permettono di relazionarsi all'ambiente e anche questo è un gioco, un gioco ottico-prospettico. La realtà
si confronta con l'artificioso, in un primo momento attraverso un'ingannevole mimesi; ma anche in prima battuta un quid non
quadra, siamo messi sull'avviso dalla semplificazione formale di alcuni elementi della composizione, la demistificazione dell'ingegnoso
meccanismo prospettico che regola la costruzione di ogni immagine avviene per gradi progressivi: non si comprende
chiaramente da subito, all'inizio si coglie solo a palese finzione dei soggetti che riportano ai giochi dell'infanzia, ma solo dopo, se ci
si ostina a cercare ancora cosa non rende 'immagine omogenea, armonica, ci si accorge dell'accurato lavoro di aggiustamenti proporzionali e
cromatici dati dalle angolazioni dei tagli fotografici. Un tuffo nel passato che ci fa bambini e che, però, è anche oggetto reale in
contesti reali (le fotografie non sono fotomontaggi). Il rapporto tra memoria e realtà, e la loro chiara distinzione, necessita di un tempo
prolungato e di una volontaria insistente e curiosa osservazione, di un attivo impegno di
chi si trova ad affrontare l'opera...e poi la vita. Altera
è dunque anche alter-azione laddove
l'atto artistico, sebbene blocchi nello scatto fotografico uno status temporale
e formale, è in grado di innescare una nuova azione, tutta mentale e individuale, che trasformi in soggetto attivo ogni fruitore e lo porti
a vivificare e rigenerare continuamente la propria percezione della realtà. Dall 8 aprile al 3 maggio 2006 Galleria Satura Centro per la promozione e diffusione delle arti Piazza Stella 5 Genova
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