La fotografia si presenta a noi in
una tale diversità di stili, di forme e tecniche, che si finisce con
l’interrogare se stessi sul valore e sul significato di questa ridda di
immagini disparate. La risposta, intendiamo la risposta completa, non può
essere contenuta entro il breve spazio di un articolo di rivista. Ci sembra
invece sia possibile enunciare il problema “fotografia”
ed è proprio ciò che tenteremo qui.
Quando si medita sul “fenomeno”
fotografia, si è naturalmente condotti a stabilire un rapporto tra questa ed
altre arti grafiche, con le arti plastiche in generale. Ma ci si rende
immediatamente conto che il caso della fotografia è anche qualcosa di
assolutamente nuovo, soprattutto grazie al suo carattere tecnico spiccato e alla
vasta estensione del campo dove essa viene applicata.
Si può scegliere la soluzione di
Sedlmayr e Avermaete che, partendo da una serie di premesse fuori moda,
squalificano senz’antro la fotografia come arte, il che, almeno, semplifica il
problema. Il fatto che esista una produzione fotografica di alto tenore
artistico incontestabilmente è una verità che viene dissimulata sotto un velo
di venerabili considerazioni teoretico-artistiche. Forse verremo sospettati di
partito preso e non a torto. Abbiamo infatti un partito preso, ma pensiamo che
basterebbe un poco di simpatia ( e un po’ di informazione in merito alla
produzione fotografica) per arrivare ad una giusta nozione delle cose.
Siamo tentati di fare un paragone
con l’incisione su legno, una tecnica di riproduzione grafica in voga alla
fine del Medioevo e che non aveva all’origine la minima presa artistica. In
seguito apparve l’incisione su legno meccanica, tale e quale l’abbiamo
ammirata noi stessi nelle edizioni neerlandesi di Giulio Verne, e che permise a
più di un lettore di conoscere Gustavo Doré. L’incisione su legno fu
soppiantata come tecnica di riproduzione dalla litografia di Senefelder (1799);
poi dalla fotografia, che rivoluzionò completamente l’industria grafica. Ora
che cosa vediamo? L’incisione artistica su legno, nata da una tecnica di
riproduzione, esiste sempre e nomi come quelli di Masereel, J. Cantré, Orlowsky
dicono eloquentemente a quale livello essa sia stata portata. L’incisione su
legno ha percorso diverse fasi che si sono annullate a vicenda nel corso degli
anni. E la fotografia? Non ha forse conosciuto un curriculum vitae analogo, un
medesimo processo evolutivo? Dalla fotografia quale tecnica di registrazione
automatica di immagini non è divenuta fotografia come mezzo di espressione? Con
questa differenza, che la forma primitiva della fotografia sussiste sempre in
innumerevoli applicazioni, accanto alla sua forma artisticamente più evoluta.
L’automatismo della fotografia,
l’immensità impressionante del suo campo di applicazione, fanno nascere i
punti interrogativi, fanno sorgere tutte le difficoltà quando si tenta di
gettare le basi della piramide stabile e ferma dei “valori fotografici”
Per coloro che si attengono alla
concezione tradizionalistica dell’arte, la causa è giudicata: la fotografia e
l’arte sono due cose diverse. E, se si parte dalla concezione tutto
l’interesse si riserva su un concorso di condizioni di carattere
artigianale da cui dipende il valore artistico, ma alle quali difficile
subordinare con successo la fotografia.
Ogni fattore che sfugge al
controllo diretto dell’artista squalifica la tecnica utilizzata in quanto
mezzo di espressione artistica. Ora, poiché la fotografia è per sua natura un
modo di registrazione automatico, sembra difficile farla rientrare nel tempio
delle arti. In fondo, la questione di sapere cos’è la vera fotografia,
la fotografia per eccellenza, potrebbe anche, in maniera paradossale,
condurci alla medesima conclusione di Avemaete, allorché egli dichiara che la
fotografia non è vera arte.
La ricchezza della fotografia come
arte è stata appena messa pienamente in luce dalla concezione progressiva
dell’arte. Secondo questa ciò che conta non sono né la maniera né la
purezza nell’applicazione di una tecnica consacrata ma unicamente l’immagine
essa stessa, con la sua potenza comunicativa, la sua propria nuova vita nella
vita organica assai sorprendenti tra l’arte moderna e la fotografia. Ne
metteremo in evidenza taluni più avanti.
Il dr. Otto Steninert stabilisce
una distinzione tra la fotografia utilitaria e la fotografia creatrice: “La
fotografia soggettiva esprime chiaramente e in forma elevata il momento creativo
personale del fotografo in opposizione alla fotografia applicata, che serve a
scopi banali e documentari”
Noi abbiamo da opporre a questa
discriminazione di Steiner una serie di obiezioni. Alla fotografia
che giudica spoglia di valore artistico, egli oppone con una certa
magniloquenza quella nella quale “il movimento creativo personale del
fotografo” esercita una funzione fondamentale. No è legare troppo
esclusivamente la fotografia del bello a una condizione non essenziale? Tale
concezione ci sembra piuttosto superata. Che centrano quel momento creativo
personale del fotografo?, quella soggettività?
Si è tenuto recentemente sul
litorale belga un congresso di artisti, al quale partecipavano soprattutto
scrittori e poeti, nel corso del quale fu affrontata la questione
dell’arte-robot.
L’esame
non lascia sussistere alcuna
visione inquietante per l’avvenire. Per noi il valore artistico di un’opera,
la sua qualità, non sono legate all’uomo che l’ha fatta ma al suo potere
emotivo, nei confronti di chi la contempla. In altre parole il valore di
un’opera è nella sua forma e non nella sua genesi.
Bisogna
stabilire una distinzione assoluta tra un albero superbo, un buon quadro
ed una fotografia che, in seguito ad un felice concorso di circostanze
accidentali ci sembra un 2capolavoro”? Ciò che importa è unicamente il
piacere che viene offerto ai nostri occhi.
Possiamo
molto bene apprezzare un’opera senza conoscere né la sua origine né il suo
autore e senza soffermarci sulle doti di abilità di essa profuse.
Applicando
l’ideale delle arti plastiche moderne alla poesia Gottfried Benn,
l’espressionista tedesco, dice, a proposito della poesia moderna: “quello
che importa non è l’artista, né gli elementi per mezzo dei quali un’opera
d’arte è nata; è l’opera solamente, è il lirismo superiore delle parole,
è l’oggetto reale, creazione novella dell’atto artistico”.
Ritorniamo
così, in effetti, all’arte anonima, al precursore dell’arte che potrà
anche essere l’opera di macchine secondo una tecnica di cui non possiamo
ancora farci una minima idea – a meno che l’apparecchio fotografico e gli
strumenti musicali elettronici non siano che l’avanguardia delle macchine
artistiche di domani.
Protestando
contro quel “momento creativo personale” non pensiamo solamente
all’esperienza riuscita, ma anche alla microfotografia prodotta nei laboratori
scientifici e che è l’opera di tecnici. Un mondo di bellezza plastica! Se
avessimo un suggerimento da fare, sarebbe il seguente: Steichen costituì la su
“Family of Man”. Perché non sarebbe possibile raccogliere in una
esposizione dove la fotografia cantasse il cantico della creazione, un affresco
di belle fotografie dove la fotografia d’arte “ready made” delle
microfotografie, fotografie cartografiche e tecniche, radiografie, stesse
accanto alla fotografia d’arte vera? Suggerimento che
intende illustrare soprattutto le concezioni artistiche moderne, che staccano il
valore di un’opera d’arte da una genesi condizionata come la persona del suo
autore e grazie alle quali la fotografia diviene un elemento molto brillante e
appassionante del mosaico delle arti plastiche moderne. Personalmente siamo
tentati di non tracciare una linea di demarcazione tra la fotografia utilitaria
e la fotografia soggettiva o creativa (fotografia con intenti artistici) ma
piuttosto tra la fotografia, puramente tecnica e la fotografai plastica per cui
noi intendiamo un valore, un tenore, una fotografia schierata tra le arti
plastiche. Questa fotografia procura la gioia degli occhi nel senso largo che
abbiamo qui definito.
Essa
è una festa per l’occhio, un suggerimento attraverso i mezzi plastici, una
fotografia illeggibile, affascinate. Qui la fotografia soggettiva di
Steinert è incontestabilmente nel suo regno.
L’altro
genere di fotografia è la fotografia leggibile, quella che formula una
esattezza e con precisione ciò che desidera esprimere. Essa non rivela nulla:
informa semplicemente. Veniamo così trascinati verso nuove esplorazioni
nel regno della fotografai considerata come linguaggio espressivo.
Potrebbe darsi che questo viaggio ci insegni che la frontiera da noi tracciata
è in certo modo una zona deliquescente…
Nell’attesa
l’apparecchio fotografico resta, per la maggior parte della gente, una piccola
scatola musicale, per altri un organo dai mille registri.
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