intervista |
“PURTROPPO DINANZI AL PROBLEMA DELLO SCRITTORE
L’ANALISI DEVE DEPORRE LE ARMI” (Freud, 1928 – Dostoevsky e il
parricidio). Così Freud dinanzi all’incongruenza di arte e vita. Ma se
rifiutiamo di impugnare le armi di Freud, non dovremmo neanche deporle. Se
rifiutiamo l’idea che il sogno sia l’espressione compromissoria e censoria
di una normale e necessaria patologia e accettiamo invece come un nostro modo di
pensare, un linguaggio creato da noi per noi, può capitare di essere registi e
spettatori di successioni fantasmagoriche che si rappresentano in simultanea,
incuranti delle categorie di spazio e di tempo, indifferenti alla logica logicista.
In tempi di “fine della storia”, di certezze
inappellabili, non è libertà da poco, sembrerebbe anzi, l’ultima delle
libertà, quella che nessun regime di coartazione oggettiva delle coscienze può
violare.
Nella riscoperta e rivalutazione del pre-razionale
dell’uomo, contemporaneamente alla svalutazione di “questa ragione”,
ritroviamo la possibilità di “nuove razionalità”, di critica radicale alla
società capitalistica che ha fermato la storia rendendo eterno l’uomo come
consumatore e produttore, riducendo e riconducendo a consumo e produzione tutta
la sua creatività, la sua capacità di comunicazione, la sua sessualità.
IMMAGINARE L'IMMAGINAZIONE. Se l’immaginazione è libera
o astratta riproduzione o elaborazione di dati sperimentali o fantastici,
forzando alquanto il vocabolario, potremmo coniare per ilo nostro agire
artistico figurativo l’immaginifica parola d’ordine “Immaginare
l’immaginazione”
Porre in immagini, cioè, le immaginazioni. Dare forma ai
sogni, alle fantasie, alle ombre; a ciò ci si prefigura vero, e a ciò che è
palesemente falso, e che diventa vero, perché vera è la rappresentazione che
ne facciamo. La non corrispondenza alla realtà non è falsità dell’accadere
ma più semplicemente un’ulteriore verità, la nostra. Tutte le trasformazioni
sono possibili finché si può rappresentare ciò che non è.
REPORTER DELLA MENTE. La fotografia, mezzo tra i più
tecnologici alla portata di tutti per produrre immagini, può assurgere ad arte
quando esula dalla sua funzione di riprodurre la realtà per quella che è, di
duplicare all’infinito l’oggettività manipolata dai padroni di tutti i
discorsi. Il fotografo può essere artista quando smette di di riportare la
fedeltà dei fatti, per essere il reporter della propria mente.
Per arrivare a soluzione l'antico e falso dilemma se la
fotografia possa essere arte, è necessario che l’atto creativo del fotografo
non sia soltanto nel porre in immagini quello che non è immediatamente
visibile, ma nel realizzare, cioè rendere reale, quello che non esiste o esiste
soltanto nella realtà. Immaginare l’immaginazione per realizzare il surreale.
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